La paura di volare


Siamo alla fine del mese! Ho avuto paura di non farcela. Due post al mese all'inizio mi sembravano un target accettabile... Invece mi sto rendendo conto che non è facile non scrivere delle banalità. Fortunatamente scalando più con il pensiero che nei fatti gli spunti di riflessione non mancano. Grazie poi all'ora legale stamane invece che alle 5,30 ero sveglio alle 4,30 per cui o andavo ad infornare il pane o scrivevo.. Non ho optato per la prima solo perché non avevo inviti alla mano.
Chiunque abbia avuto modo di arrampicare una volta ha già in mente dove sto andando a parare. Ma il volo del climber è solo lo spunto per una più ampia riflessione.




L' arrampicatore sale in genere proteggendosi con una coppia di moschettoni uniti da una fettuccia corta.  La corda scorre su un moschettone mentre l' altro è assicurato ad una protezione infissa o posizionata nella roccia.  Cosi salendo "l' unico vero rischio" che corre cadendo è quello di fare un volo pari al doppio della lunghezza della corda calcolata dal nodo di giunzione con il proprio imbrago al punto di protezione (più l' eventuale lasco ed allungamento della corda). Più o meno.. Non avete capito nulla? Nessun problema, neanche questa spiegazione è essenziale.
 Quello che è da capire arriva ora. Lo scalatore sale sempre, o quasi, con un buon controllo dei "passi" che sta facendo. Non intendo dire che in ogni momento potrebbe ridiscendere sui propri passi ma di certo arrivare al seguente punto di protezione o riposo con alte probabilità di riuscita.
Il problema vero arriva nel momento in cui le difficoltà salgono al punto tale che si è in una continua condizione da "punto di non ritorno" e il procedere diventa carico di incertezze ed equilibri aleatori.
Se a questo stato fisico ci aggiungete il fatto che alle volte le protezioni stesse possono saltare il cocktail di variabili indipendenti diventa alquanto adrenalinico. Basta guardare la concentrazione espressa nel volto di quasi tutti gli arrampicatori prima della loro esecuzione.. be, poi, una volta partiti ognuno reagisce allo stress come vuole...

Difficile..il respiro è sempre normale o di poco accelerato ma il tracciato degli sbalzi di pressione arteriosa e delle scariche adrenaliniche sprigionate dallo stato emotivo sembrano montagne russe..

Fermarsi porterebbe al volo certo. Stare fermi è più dispendioso che procedere e anche nel caso specifico non lo fosse, si tratterebbe solo di questione di tempo. Prima il tallone inizierebbe con il classico moto sussultorio "taglia e cuci" poi le braccia esauste mollerebbero presto la presa sfinite dallo sforzo e.... boommmmmm.. A quel punto la finestrella della tombola automatica si chiuderebbe violentemente sul vostro numero e voi vi trovereste alcuni metri al di sotto appesi alla corda.. nelle migliori delle ipotesi.

A parte quel vuoto allo stomaco e quella sensazione di vuoto che assale le spalle del malcapitato il più delle volte non accade nulla.. Anzi può divenire anche divertente.  Almeno si giustifica tutto quel lavorio di moschettonaggio innaturale per procedere in sicurezza.

Questo procedere appunto da un punto "certo all'altro" per percorsi incerti assomiglia molto alla vita di tutti i comuni mortali. Sono sempre più dell'idea che si incontrano più personaggi estremi in strada che in parete. Dalla nascita sino all'autonomia alimentare, dall'inizio alla fine degli studi e dal primo giorno di lavoro alla pensione. 
Quale è l' alternativa? Non c'è.. Conviene prendere e avanzare, tenendo per quanto possibile sotto controllo i rischi del percorso (almeno quelli calcolabili). Ogni giorno molti di noi si alzano e partono verso il seguente punto di riposo e o protezione. Routine per chi non è al limite, viaggio adrenalinico per chi invece cammina su equilibri precari. La precarietà assomiglia molto al procedere del climber solo che sono molti i precari senza corda d'assicurazione. Il volo è libero e a quel punto i tentativi non si contano più....
Quanti ipotetici climbers estremi affrontano la giornata prendendosi dei grossi rischi.... Ancora una volta sensazioni primitive di una disciplina sportiva trovano un parallelismo nella vita quotidiana.
Un respiro profondo, ventrale, talloni bassi e interpretazione individuale...

 Difficile...

Trovare un "buon riposo" sta diventando sempre più difficile ecco perché saltarne uno è da pivelli. Aprire le capacità percettive individuali è un must. Non c'è ritorno ne via d'uscita solo la migliore interpretazione di ciò che ci aspetta ma di sicuro una cosa distingue i forti dai dilettanti.. La determinazione. 

La determinazione uccide la paura, rende precisi i vostri movimenti e attiva le vostre capacità sensoriali.

Siate determinati. Un percorso rischioso ma effettuato con determinazione ha comunque sempre buone probabilità di riuscita. Altrimenti siete spacciati sin dal principio.

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