The best trainer for you
Il vostro Personal Trainer (PT)
Quale è il miglior PT che possiate desiderare?
- quello che migliora le vostre performances! Concluderete dopo un pò di ragionamenti. Antipatico, simpatico, rude o dolce quello che vi "frega" è che all'uscita domenicale seguente, salvo imprevisti, vi sentiate più forti e più sicuri di voi stessi...e che la vostra autostima cresca.
- perchè l'uomo (specialmente quello adulto) non è una macchina e interpreta tutte le informazioni in input filtrandole e spesso trasformandole a proprio piacimento. La testa non è un ginocchio... funziona in maniera molto più complessa ed è quasi sempre la chiave di volta di una buona o cattiva riuscita prestazionale.
Risposte queste domande non resta che fare un indagine rapida per individuare fisicamente il PT e sviscerare le sue conoscenze e le sue best practics per raggiungere il nostro obbiettivo.. Migliorare.
Il PT è spesso un libro o un manuale e raramente un vero allenatore sportivo o comunque serio preparatore atletico. Solo poche palestre ne hanno uno. Il più delle volte è semplicemente un software che introdotti peso e altezza ti vomita una serie di tabelle piene di serie e ripetizioni. L'allenamento più alienante al mondo. Se vi va proprio di culo magari qualcuno vi indica una postura o esecuzione del movimento scorretta... ma anche no. Comunque pure questo metodo funziona basta adattarsi. Insomma se uno arriva in un luogo di fitness e vuole spegnere il cervello, si prende la sua scheda e come un pianoforte automatico se la suona tutta; Dall'inizio alla fine, pause comprese. Di certo non può funzionare così meccanicamente con uno sport che necessita di una grossa capacità neuromuscolare ma anche lì con piccoli accorgimenti si può tabulare e tabellare la "suonata". Gli altri metodi sono molto più introspettivi e costruiscono le loro fondamenta basandosi sul fatto ineluttabile che se l'individuo non sta bene con se e con l'ambiente che lo circonda comunque il risultato è discutibile e mai appagante. Sapete quella sensazione di nervosismo che abbiamo quando raggiungiamo un traguardo senza neanche godere a pieno il "momento" del raggiungimento.. quel what's next? what's next? indimenticabile e conflittuale stato di irrequietudine. Quasi di delusione direi. Nello sport amatoriale, a parte qualche fanatico, il traguardo è il vero momento di godimento e vero fondamento per i futuri obiettivi. Quel momento deve durare il più a lungo possibile. Ogni dettaglio di quell'esperienza deve essere memorizzato per diventare poi mattone su cui costruire il percorso seguente. Non lo facciamo mai.. non lo faccio quasi mai.. fino a pochi anni fa. Ora l'ho capito. E' una specie di fionda gravitazione che gira attorno all'evento e che se sai prenderla ti lancia verso il passo seguente a velocità straordinaria. Leggere dei libri e trarne delle conclusioni personali è veramente difficile. La scrittura se pur fondamentale ha dei limiti incredibili. Passi enormi sono stati fatti nei libri dei bambini dove vengono aggiunte esperienze di odori, sapori e tatto. Ma per gli adulti l'esperienza di incontro con l'autore è estremamente fredda. Magari bisognerebbe ogni volta studiare a fondo la vita di quest'ultimo giusto per porsi nella posizione ideale di ascolto di ciò che c'è tra le righe che forse è quello che ci interessa di più. Ci sono poi le barriere linguistiche, culturali, politiche, ambientali e via dicendo che rendono l'interpretazione così difficile. Il rischio di personalizzare i contenuti e i concetti è enorme.. assoluto direi.
Avere fisicamente a portata di mano un autore di un libro magari ad un dibattito se non alla presentazione del libro stesso apre la mente più di molte altre indagini. Il linguaggio dei gesti, del volto e la "presenza" di quest'ultimo apre un canale di comunicazione preferenziale tra voi e lui. Non c'è più un grande margine di interpretazione. Non è una foto e neanche un icona che spesso si crea al centro della nostra mente. E' lui è quello che scrive e dice le cose che voi andrete a leggere. Le errate interpretazioni si riducono e l'andare oltre lo scritto diviene più semplice. A volte può essere doloroso nel caso la realtà non coincida con l'immagine creatasi nella mente. Ma anche disilludersi aiuta a raggiungere il vero obiettivo. Comprendere ciò che l'autore ci vuole dire e non ciò che vogliamo capire.
Tornando al nostro PT che ci segue pazientemente nel nostro percorso concluderemo che il migliore PT è parte di noi stessi. Ci segue dal mattino alla sera. Ci vede mentre mangiamo, ci ubriachiamo, non riposiamo e ci incasiniamo la vita. E' un grande fratello che ci controlla e aggiusta il tiro in funzione della situazione. Qualche volta è meramente cieco e ci impone traguardi irraggiungibili facendo naufragare ogni buon proposito altre invece, è così pigro che il raggiungimento del traguardo è una banale formalità, tanto era stato sottostimato.
Il migliore allenatore del nostro corpo nel mondo del dilettantismo siamo noi stessi. Trascuriamo quasi sempre il terreno su cui fondare le basi per la prestazione e arriviamo al momento X pronti a prendere grandi sportellate nella bocca. Tanto oramai ci siamo abituati... altrimenti non saremo dei.. dilettanti, appunto.
Magari dovremo sforzarci di curare di più il cammino che ci porta al giorno del "giudizio". Curare i nostri punti deboli piuttosto che quelli di forza. Quelli che naturalmente tendiamo a coltivare e che ci hanno dato grandi soddisfazioni me che al tempo stesso diventano i nostri veri limiti. Pianificare l'uscita o comunque il momento in cui vogliamo "portare a casa" qualche obiettivo. E strano come istintivamente si tenda a concentrare tutte le forze fisiche e mentali nel giorno della "prestazione" quando invece quest'ultima dovrebbe, in teoria, essere solo il giudizio del nostro stato. Una banale formalità di come "stiamo messi".
Ecco curare lo stato pre-prestazione è quello che noi definiamo allenamento. Ma forse mai gli diamo l'importanza che gli spetta, mantenendo comunque lo sguardo sulla punta della piramide e mai guardando dove poggia. Su quali esperienze, quali problematiche e metodiche per sanare o compensare queste ultime.
Infine il PT è una vera bestiaccia quando si stacca completamente dallo stato fisico e ci porta all'auto distruzione. Perdita completa dell'ascolto del nostro corpo. Traumi e recuperi vanno a farsi friggere e la strada dell'autodistruzione viene imboccata in quinta piena. Basta questo per lasciarci come siamo o al massimo farci regredire. Teniamolo sotto controllo il nostro personal trainer. Mettiamolo in comunicazione con il corpo e facciamo in modo che comprenda quello che accade. Se poi riusciamo a fargli fare qualche chiacchierata con altri PT allora anche meglio. Se infine è proprio impazzito allora non resta che resettarlo con una bella bottiglia di verdicchio a 14 gradi alcolici ed aspettare che il riavvio venga eseguito seguendo tutte le buone consuetudini.
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