TAKE A BREAK
A guardarlo da sotto il posto da cui è partito quel maledetto appiglio mi sembra così lontano... ma tanto lontano. Non sono passati neanche 7 giorni per cui ricordo bene la sequenza dei movimenti con cui sono arrivato li. A terra probabilmente qualche passo di 6a/6b ad altezza piante ma poi subito degradante a 5° uscito dalla chioma e facile uscita su roccia super-lavorata. I piedi però li avevo sul duro ancora per cui non c'è stato verso di tenersi con un colpo di reni o altri tipi di equilibrismo...
Via! Vado sopra a vedere, tanto scalare non se ne parla. Le gambe mi fanno "giacomo giacomo" solo al pensiero di rifare quei passi. Sono mezzo storpio e non riesco a piegare la gamba sinistra. Intanto per terra cerco i pezzi d'appiglio rotto. Ne trovo due! Insieme peseranno 5kg almeno. Sono loro, riconosco la forma e i segni di rottura sono freschi. Me li porto dietro in modo da esser sicuro della dinamica dell'incidente.
Arrivo abbastanza facilmente al posto da cui si è staccata la clessidra che avevo tenuto giusto prima del volo. Vista da sopra ha un altro aspetto devo ammetterlo. Da sotto sembrava un caviglione passante da sopra più una costola erosa. Comunque è enorme e le fratture sui tre punti sono nette e su roccia piena. Ricomposti i pezzi noto che non era una semplice clessidra ma una costola erosa a doppio arco unito in un vertice in basso a destra. Proprio in questo punto si vede che la roccia si era già parzialmente staccata. Prendo un legnetto lo metto a puntare ed è ricomposta al 90% mancano solo piccole scaglie di contorno. La clessidra verticale di destra che da sotto era invisibile è abbastanza grande e comunque lunga da ridurre la superficie di contatto minima. I due blocchi rotti ricomposti formano un doppio ponte che tocca con un vertice di pochi centimetri. Considerando il peso dell'appiglio a forma di doppio arco credo si reggesse appena su se stesso e il carico della mia mano lo ha fatto esplodere.
Il livido che pensavo di aver fatto a terra l'ho fatto invece per aria prima di cadere. Se avessi preso con il piede quel dente sarei ruotato e sarei atterrato sul fianco destro magari sbattendo la testa da qualche parte. Brividi...
La gamba sinistra è un poco malconcia ma in via di ripresa, si sta facendo notte ed è ora di ritornare alla macchina. Ora ho pensieri di tutti i tipi... una caduta sopra il livido, una vipera rincoglionita o il cane che possa smuovere un sasso sopra gli spalti che sto aggirando. E' ovviamente panico da miracolato lo capisco. In condizioni normali non avrei mai pensato a questi pericoli.
Sembra che la realtà attorno a me sia aumentata. Il cervello ora lavora a 100%. Il rumore di un ramo che si rompe, un sasso che rotola giù nel bosco e i miei piedi che tastano il terreno scosceso e roccioso. Forse è solo paura, forse è solo la fine della giornata e 15 minuti a piedi mi hanno già messo KO o forse ora mi sento veramente dentro questo posto. Valutando di poterci anche morire per un banale errore. Ripenso a quei pochi animali selvatici che ho incontrato di recente. Il loro sguardo profondo e il respiro selvaggio. Non hanno un pronto soccorso a cui andare ne un eliambulanza da chiamare. Forse ora sono un po' più come loro. Questi posti sono la mia vita e la mia morte. Tutte le variabili che mi circondano sono rielaborate dalla mia mente... passo l'ultimo tratto fuori sentiero e in 5 minuti sono ai pratoni sommitali. La punta del Monte Murano si dipinge di rosso sciogliendo un po' di grumi di stomaco, cipolla (il mio cane) scorrazza su e giù dietro piste di odori invisibili per me.. penso che se fossi una preda neanche su quei prati innocenti potrei sentirmi rilassato e al sicuro. Incredibile quanta energia ambientale perdiamo e quanto sopiamo i nostri organi di senso nella vita quotidiana. I nostri ambienti sono così sicuri, controllati e a nostra somiglianza che l'udito, la vista e l'olfatto lavorano al minimo delle capacità. Tiro l'ultimo respiro di aria oramai gelida e torno a casa. Probabilmente già fra poche ore sentirò la mancanza di questi luoghi.
Via! Vado sopra a vedere, tanto scalare non se ne parla. Le gambe mi fanno "giacomo giacomo" solo al pensiero di rifare quei passi. Sono mezzo storpio e non riesco a piegare la gamba sinistra. Intanto per terra cerco i pezzi d'appiglio rotto. Ne trovo due! Insieme peseranno 5kg almeno. Sono loro, riconosco la forma e i segni di rottura sono freschi. Me li porto dietro in modo da esser sicuro della dinamica dell'incidente.
Arrivo abbastanza facilmente al posto da cui si è staccata la clessidra che avevo tenuto giusto prima del volo. Vista da sopra ha un altro aspetto devo ammetterlo. Da sotto sembrava un caviglione passante da sopra più una costola erosa. Comunque è enorme e le fratture sui tre punti sono nette e su roccia piena. Ricomposti i pezzi noto che non era una semplice clessidra ma una costola erosa a doppio arco unito in un vertice in basso a destra. Proprio in questo punto si vede che la roccia si era già parzialmente staccata. Prendo un legnetto lo metto a puntare ed è ricomposta al 90% mancano solo piccole scaglie di contorno. La clessidra verticale di destra che da sotto era invisibile è abbastanza grande e comunque lunga da ridurre la superficie di contatto minima. I due blocchi rotti ricomposti formano un doppio ponte che tocca con un vertice di pochi centimetri. Considerando il peso dell'appiglio a forma di doppio arco credo si reggesse appena su se stesso e il carico della mia mano lo ha fatto esplodere.
La roccia intorno è stupenda. Il bosco sotto sembra lontano ad occhio i 7mt erano una stima più che conservativa. Riguardo giù un paio di volte e ogni volta che mi appendo a qualcosa anche se è un bidito profondo ho qualche timore.. Mi sembra come se mo dovesse venir via tutto. In realtà sono appigli a prova di bomba. Forse la foga con cui ho tirato la clessidra, i piedi ancora di sotto sul verticale su piccoli appoggi e la voglia di uscir fuori a vedere la zona dall'alto mi hanno tirato un brutto scherzo.
Non riesco a vedere il punto in cui ho impattato. La parete qui da dove sono partito si corica. E' giù aderente alla parete dentro il bosco. Sicuramente le piante mi hanno aiutato ad attenuare la forza di caduta come pure rendere verticale e senza rotazioni il volo. Ho ritrovato il terrazzino che mi ha fatto da sponda. E' a 4mt da terra. Fortunatamente il piede sinistro non l'ha captato e ho battuto solo di striscio sul gluteo.Il livido che pensavo di aver fatto a terra l'ho fatto invece per aria prima di cadere. Se avessi preso con il piede quel dente sarei ruotato e sarei atterrato sul fianco destro magari sbattendo la testa da qualche parte. Brividi...
La gamba sinistra è un poco malconcia ma in via di ripresa, si sta facendo notte ed è ora di ritornare alla macchina. Ora ho pensieri di tutti i tipi... una caduta sopra il livido, una vipera rincoglionita o il cane che possa smuovere un sasso sopra gli spalti che sto aggirando. E' ovviamente panico da miracolato lo capisco. In condizioni normali non avrei mai pensato a questi pericoli.
Sembra che la realtà attorno a me sia aumentata. Il cervello ora lavora a 100%. Il rumore di un ramo che si rompe, un sasso che rotola giù nel bosco e i miei piedi che tastano il terreno scosceso e roccioso. Forse è solo paura, forse è solo la fine della giornata e 15 minuti a piedi mi hanno già messo KO o forse ora mi sento veramente dentro questo posto. Valutando di poterci anche morire per un banale errore. Ripenso a quei pochi animali selvatici che ho incontrato di recente. Il loro sguardo profondo e il respiro selvaggio. Non hanno un pronto soccorso a cui andare ne un eliambulanza da chiamare. Forse ora sono un po' più come loro. Questi posti sono la mia vita e la mia morte. Tutte le variabili che mi circondano sono rielaborate dalla mia mente... passo l'ultimo tratto fuori sentiero e in 5 minuti sono ai pratoni sommitali. La punta del Monte Murano si dipinge di rosso sciogliendo un po' di grumi di stomaco, cipolla (il mio cane) scorrazza su e giù dietro piste di odori invisibili per me.. penso che se fossi una preda neanche su quei prati innocenti potrei sentirmi rilassato e al sicuro. Incredibile quanta energia ambientale perdiamo e quanto sopiamo i nostri organi di senso nella vita quotidiana. I nostri ambienti sono così sicuri, controllati e a nostra somiglianza che l'udito, la vista e l'olfatto lavorano al minimo delle capacità. Tiro l'ultimo respiro di aria oramai gelida e torno a casa. Probabilmente già fra poche ore sentirò la mancanza di questi luoghi.
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